Il femminicidio in Italia sta avendo un’escalation sorprendente. Eppure che ogni due giorni una donna muoia per mano quasi sempre di un “familiare”: marito, fidanzato, ex o padre sta rientrando in una normalità che tale non è.
Mi sembra manchi un’adeguata informazione sui diritti delle donne. Non tutti sanno che da trent’anni molti Stati hanno adottato la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), uno strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia, ma che gli stessi Stati applicano in modo insufficiente.
I casi di femminicidio aumentano e numerosi movimenti contro la violenza sulle donne, lavorano sempre più per il cambiamento radicale e strutturale della condizione femminile.
Il 25 novembre 2012, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, molte associazioni si sono unite a sostegno della convenzione NO MORE: un richiamo alle istituzioni alla loro responsabilità a fermare con politiche adeguate, la violenza di genere, vera violazione dei diritti umani.
Il 14 febbraio scorso il V-day – movimento di attivismo mondiale per porre fine alla violenza su donne e bambine – ha organizzato One Billion Rising. Un miliardo di persone in 222 paesi ha ballato, cantato e protestato sulle note di “Break the Chain“ di Tena Clark. Eva Ensler, promotrice dell’evento ha detto “Un miliardo di donne violate è un’atrocità, un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione, un miliardo di donne che danzano scuoterà la Terra”.
In giugno il concerto “Sound of Change” presentato a Londra da “Chime for Change” – organizzazione no-profit che promuove numerosi progetti per la salute, l’istruzione e la giustizia per le donne e le bambine in tutto il mondo – ha dato voce alle donne affinché si inizi a parlare di diritti riconosciuti e non più di abusi subiti.
In Italia, Serena Dandini con il suo progetto “Ferite a Morte” fa conoscere il femminicidio, una questione che molti vorrebbero invisibile. Attraverso il blog diffonde notizie sul tema della violenza sulle donne, informazioni su centri di accoglienza e progetti dedicati.
Questi sono alcuni esempi di come in Italia e all’estero le organizzazioni siano attive nel rendere le donne maggiormente consapevoli della loro forza e dei loro diritti.
Per l’Italia la condizione della donna resta un problema politico e culturale. Ciò è emerso anche dal rapporto di Rashida Manjoo (Relatrice Speciale ONU) presentato nel 2012, alla Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Rashida Manjoo ha affermato che in Italia il femminicidio si attua “in un contesto sociale patriarcale, dove la violenza domestica non viene sempre percepita come un crimine, e le risposte dello Stato non sembrano appropriate e utili”. Servono perciò leggi che proteggano e difendano la donna, ma anche una nuova educazione di genere a partire dalla scuola e che coinvolga la famiglia.
Ad oggi almeno una donna su tre nell’arco della sua vita ha subito una violenza o la subirà e di queste circa il 35% non penserà di denunciarla. In Italia da gennaio sono morte oltre 65 donne. E’ inaccettabile!
Lo Stato deve fare la sua parte, ma anche ciascuno di noi.
Un contributo è partecipare ad eventi e concerti contro il femminicidio e per i diritti umani. Ma l’impegno vero è creare nella vita di tutti i giorni un approccio più sano nel rispetto delle persone.
Se vogliamo che qualcosa cambi non aspettiamo che qualcun altro cominci, ma iniziamo da noi.