“Se ti piace il mare, perché non fare l’hostess” questo il titolo dell’articolo che nove anni fa mi ha fatto pensare e dire: lavorare in mare, perché no? Ho inviato il mio curriculum all’asadonline, una delle agenzie segnalate per la registrazione del personale navigante e successivamente mi sono iscritta su marineria.
Ho sempre amato al mare, e da un po’ andavo anche a vela, perciò quell’articolo è stato una finestra aperta verso una realtà intrigante. Lavorare in mare: un’opportunità per cambiare completamente la mia vita e nutrire il mio bisogno di libertà.
Non più giovanissima, avevo qualche timore, ma il primo imbarco è arrivato dopo pochi mesi su una goletta di 21 metri: un’esperienza unica sotto tutti i punti di vista. Ho affrontato il lavoro con umiltà e voglia di imparare: non si trattava semplicemente di fare l’hostess di bordo, quindi tenere in ordine l’interno e cucinare, ma anche essere operativi durante le manovre di ormeggio, disormeggio, dare ancora o salparla. Ho imparato come far brillare gli acciai o rendere una coperta (il ponte della barca) pulita e bella bionda, fare le guardie durante i trasferimenti notturni, insomma non proprio una passeggiata.
Perciò non pensare che lavorare in mare voglia dire andare in vacanza! C’è da lavorare eccome, specie se lo yacht non è molto grande. Si sa, l’idea più comune è che chi lavora in barca si diverta tantissimo, veda posti incantevoli senza fare granché: ti assicuro che anche se vedi gli equipaggi sempre sorridenti, non è proprio così.
La curiosità mi ha spinto a diventare hostess di bordo senza pensare che poi avrei continuato. La mia esperienza l’ho vissuta su yacht del diporto, perciò niente a che vedere con le grandi navi da crociera o i traghetti passeggeri anche se, per diventare marittimo a tutti gli effetti, per tutte l’iter è lo stesso.
Dopo la prima esperienza vissuta un po’ sopra le righe, mi sono subito informata per avere tutti i documenti necessari per potermi imbarcare regolarmente e continuare questa avventura per mare.